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  a cura di Orazio Paternò
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QUANDO LO SPORT VA ALLA TESTA

 

 
Contrasti, placcaggi, colpi di testa e colpi alla testa. Insomma, botte da orbi. Pane quotidiano per gli sport di squadra dove il contatto violento con l’attrezzo o l’avversario è un tratto imprescindibile dal risultato. Sublime rappresentazione della virilità, agli occhi del tifoso. “Trauma cranico focale o diffuso” nella fredda diagnosi clinica. Dato che è la testa a pagarne il prezzo più salato.

Gli infortuni alla testa acuti e cronici dovuti a sport da contatto non sono da sottovalutare e rappresentano una preoccupazione nell’ambito della salute pubblica. Ci sono prove che suggeriscono che gli sport da contatto violento possono incrementare il rischio di disordini neurodegenerativi come l’Alzheimer. Anche se i dati sono conflittuali.  Con la sigla TBIs si indicano gli infortuni alla testa legati allo sport (sports-related traumatic brain injuries). La loro cronicità si può associare allo spettro di disturbi tipicamente legati alle conseguenze di lungo termine incidenti alla testa, tipo la CTE, o encefalopatia cronico-traumatica (chronic traumatic encephalopathy), la demenza pugilistica, il parkinsonismo post-traumatico, la demenza post-traumatica o la CPCS o sindrome da post-trauma cronico (chronic postconcussion syndrome). Attualmente l’esame neuropatologico di tessuto cerebrale è l’unico modo certo per diagnosticare la CTE

 

GLI SPORT PIU’ COLPITI

 

Per diversi anni è stato osservato  che  multipli, pur blandi infortuni alla testa (TBI) tipici dei pugili professionisti  sono associate ad un alto rischio di encefalopatia cronico-traumatica (CTE), un tipo di demenza con proprie caratteristiche cliniche e patologiche: disturbi della memoria, depressione, tendenze suicide, aggressività, parkinsonismo e difficoltà nella parola e nel passo ed, alla fine, demenza. Dal punto di vista neuropatologico la CTE si caratterizza per atrofia degli emisferi cerebrali, del lobo temporale mediale, del talamo e dei corpi mammillari. Le ricerche in neuropatologia hanno dimostrato come la la CTE sia più diffusa di quanto si credesse negli sport di contatto. Tali sport sono caratterizzati da ripetuti traumi alla testa, con e forse anche in assenza di sintomi da commozione cerebrale, che comunque portano a cambiamenti neurodegenerativi evidenziati da un’accumulo di proteine Tau iperfosforilata e TDP-43. La proteina Tau, cruciale nel sistema nervoso, se mutata (iperfosforilata) provoca gravi malattie neurodegenerative dette taupatie, come il morbo di Alzheimer. Purtroppo la CTE è stata recentemente riconosciuta come patologia COMUNE anche TRA GLI EX GIOCATORI PROFESSIONISTI DI FOOTBALL,  HOCKEY e WRESTLER.

 

  

L’AMERICAN MEDICAL SOCIETY FOR SPORTS MEDICINE nella sua recentissima posizione ufficiale relativa alle commozioni cerebrali negli sport da contatto (British Journal of Sports Medicine, 2013) dichiara che degli studi hanno rilevato un’associazione tra una prima commozione cerebrale e la disfunzione cognitiva cronica. Quello che oggi è un forte sospetto diverrà certezza, aggiunge, solo di fronte a studi epidemiologici di larga scala.  E si invita a fare profilassi educativa (fair-play) e con presidi (caschi) negli sport più a rischio come football, lacrosse, hockey, sia in quelli più soft, come soccer (calcio) e rugby

 

 

NEUROPATOLOGIE E CALCIO

 

Anche il calcio è stato oggetto di studi, visti gli impatti ripetuti tra pallone e testa. Gli Americani chiamano heading l’uso della testa per il controllo della palla. Tra i giovani calciatori (13-16 anni) non si sono osservati segni di danni neuropsicologici (Child Neuropsychol. 2005). La rivista Neuropsycology Review nel 2003 ha pubblicato una review in cui si ammette che non c’è una prova ancora affidabile che leghi i traumi alla testa tipici del calcio o semplicemente l’heading a possibili danni neuropsicologici.

Rischio neurodegenerativo scongiurato anche dallo studio condotto su 92 ex giocatori professionisti inglesi e pubblicato nel 2013 sul British Journal of Sports Medicine. La prestigiosa rivista riconosce onestamente che questa è la conclusione di un solo studio e che si attendono studi longitudinali su numeri molto più ampi. E’ una buona parola, ma non è ancora l’ultima.

Nel 2012 JAMA pubblica i risultati di un confronto relativo all’integrità della materia bianca condotto a suon di DTI* tra nuotatori e calciatori. Nello studio sono stati inclusi gli agonisti senza una precedente commozione cerebrale sintomatica. Nonostante questo i calciatori hanno mostrato danni riconducibili ad una possibile demielinizzazione, cioè un danno alla guaina mielinica, sostanza vitale per la conduzione dell’impulso nervoso. Le cause restano sconosciute, per ora. Gli autori concludono che lo studio, pur avvantaggiandosi di alta tecnologia, abbia dei limiti tra cui il numero di soggetti  studiati. Si spera che studi futuri confermino i risultati e chiariscano l’eziologia e gli effetti delle alterazioni della materia bianca registrate tra i calciatori.

 

GLOSSARIO

DTI: Il tensore di diffusione è uno strumento di risonanza magnetica attraverso il quale si possono costruire immagini biomediche (DTI, acronimo inglese per Diffusion Tensor Imaging) anche tridimensionali. 

 

 

 

SITOGRAFIA

Review-

Nat Rev Neurol. 2013 Apr;9(4):222-30. doi: 10.1038/nrneurol.2013.33. Epub 2013 Mar 12.

The clinical spectrum of sport-related traumatic brain injury.

Jordan BD.

 
Arch Neurol. 2012 Oct;69(10):1245-51.

Dementia resulting from traumatic brain injury: what is the pathology?

Shively S, Scher AI, Perl DP, Diaz-Arrastia R.

 
Br J Sports Med. 2013 Jan;47(1):15-26. doi: 10.1136/bjsports-2012-091941.

American Medical Society for Sports Medicine position statement: concussion in sport.

Harmon et al.

 
J Neuropathol Exp Neurol. 2009 Jul;68(7):709-35. doi: 10.1097/NEN.0b013e3181a9d503.

Chronic traumatic encephalopathy in athletes: progressive tauopathy after repetitive head injury.

 

PM R. 2011 Oct;3(10 Suppl 2):S460-7. doi: 10.1016/j.pmrj.2011.08.008.

Long-term consequences of repetitive brain trauma: chronic traumatic encephalopathy.

 
Child Neuropsychol. 2005 Dec;11(6):513-26.

Neuropsychological impairment as a consequence of football (soccer) play and football heading: a preliminary analysis and report on school students (13-16 years).

 
Neuropsychol Rev. 2003 Sep;13(3):153-79.

The neuropsychology of heading and head trauma in Association Football (soccer): a review.

Rutherford A, Stephens R, Potter D.

  
Br J Sports Med. 2013 Sep 11. doi: 10.1136/bjsports-2013-092758. [Epub ahead of print]

Heading in football, long-term cognitive decline and dementia: evidence from screening retired professional footballers.

 
Clin Sports Med. 2011 January; 30(1): 179–xi.

Chronic Traumatic Encephalopathy: A Potential Late Effect of Sport-Related Concussive and Subconcussive Head Trauma