ALIMENTAZIONE SPORT
DIMAGRIMENTO
  a cura di Orazio Paternò
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IL RAMADAN 

VISTO DALLA SCIENZA

 

Un mese di digiuno. Con un rigore anoressico dall’alba al tramonto. Ma all’abdicare del giorno parte un “rompete le righe” con tanto di assalto alla diligenza del cibo. Si inizia con colazione al tramonto, cena dopo la preghiera della sera (17.00-20.00) e un pasto prima dell’alba.  Asceti di giorno e trimalcioni la sera. Un regime alimentare discutibile, non tanto per il pasto antelucano, toccasana per spegnere i bollenti spiriti del cortisolo mattutino, quanto per le lunghe ore della giornata passate senza cibo né acqua. E l’anacoreta si fa gaudente proprio nel momento in cui la sobrietà dovrebbe fare capolino: la sera.

La letteratura medica ha affrontato il tema producendo una serie di studi che hanno cercato risposte a domande legittime. Come risponde l’organismo a questo regime alimentare, pur limitato ad un mese l’anno? Cosa succede al cuore, al colesterolo e agli altri marker cardiovascolari? È un problema per le categorie più a rischio, gli anziani, le donne in attesa o in allattamento, i cardiopatici e i diabetici? Produce modifiche nei ritmi circadiani ormonali? Cosa succede all’acrofase? E ai ritmi del sonno? Pregiudica la performance sportiva?

 

 

RAMADAN E CARDIOPATICI

I cardiopatici stabili durante il Ramadan non  subiscono un deterioramento del loro quadro clinico. In sostanza, non si sono registrati più casi di incidenti cardiaci rispetto ai periodi al di fuori del Ramadan. Anzi, insieme ai soggetti sani, con dislipidemia, ipertensione e sindrome metabolica ne trarrebbero addirittura dei benefici. Dove?  Nel rapporto altezza/peso (BMI), nel profilo lipidico e nella pressione sanguigna (Journal of Clinical and Diagnostic Research, 2014). I diabetici, invece, vedrebbero un peggioramento del profilo dei grassi del sangue (Curr Med Res Opin.,2013).

 

RAMADAN E DIABETE

 

Il Ramadan non ha dimostrato effetti avversi per gli individui sani e per i diabetici di tipo II (il digiuno non altera i loro parametri biochimici). Sconsigliato, invece,  ai diabetici di tipo I. La review pubblicata su Diabetes Res Clin Pract. (2006) incoraggia quanto meno a tenere monitorata la glicemia più volte al giorno. Nel caso di questi soggetti la gestione dell’insulina sarebbe più difficoltosa. Si raccomanda un’interruzione immediata del digiuno qualora la glicemia salisse a 300 mg/dL per evitare la pericolosa chetoacidosi diabetica. Stessa contromisura qualora la glicemia scendesse sotto gli 80 mg/dL (Clin Ther. 2008). Il digiuno sarebbe da vietare in pazienti con:

1.     diabete di tipo I poco controllato, inclusi coloro che hanno avuto una storia di severa ipoglicemia e/o chetoacidosi diabetica almeno 3 mesi prima dell’inizio del Ramadan

2.      quelli con condizioni di comorbidità (angina instabile, ipertensione non controllata, complicazioni macrovascolari avanzate, infezioni, insufficienza renale)

3.      quelli che non seguono le prescrizioni dietetiche e mediche (non complianti) per il trattamento del diabete I

4.      quelli impegnati in intense attività sportive, le donne incinte e gli anziani

 

 

RAMADAN, SONNO E CIRCADIANITÀ ORMONALE

Chi digiuna durante il Ramadan subisce un attacco ai bioritmi, compreso il sonno. In alcuni paesi islamici chi osserva il Ramadan ha il permesso di posticipare l’inizio del lavoro (con inizio alle 9.00-10.00 anziché 7.00-8.00). Dunque si va a letto più tardi, ci si sveglia più tardi e si fanno delle pennichelle più lunghe durante il giorno. I pasti? Colazione al tramonto, cena dopo la preghiera della sera (17.00-20.00) e un pasto antelucano.

I risultati di questi cambiamenti sulla fisiologia corporea?


 
TEMPERATURA CORPOREA: in genere sale nel corso della giornata, raggiungendo il picco nel tardo pomeriggio e scendendo la sera. Il regime del Ramadan porta ad una crescita antifisiologica della temperatura la sera. Provocando debolezza.

MELATONINA: si registra un calo dell’ormone, forse legato ad un aumento di cortisolo e  successivo ad un calo nel rifornimento di zuccheri. Infatti introducendo una supplementazione di glucosio durante il digiuno ha fatto risalire i livelli di melatonina.

CORTISOLO NOTTURNO: si è registrato un aumento che a sua volta influenzerebbe negativamente il ritmo circadiano della proteina-C-reattiva (marker della salute cardiovascolare)

ADRENALINA E NORADRENALINA: aumentate nei mezzofondisti (Appl Physiol Nutr Metab. 2009)

LEPTINA e ADIPONECTINA: la mattina i valori di leptina (uno degli ormoni della sazietà la cui attività è legata a quella dell’insulina) si sono dimostrati significativamente più alti rispetto al periodo pre-Ramadan, mentre i livelli di adiponectina (sostanza antinfiammatoria) si sono drasticamente abbassati (PloS One, 2014). Questi cambiamenti sono stati associati ad un aumento dell’insulino-resistenza la mattina e la sera.

SONNO REM: in conclusione pare ci sia una riduzione di questa fase del sonno, ma i dati sono discordanti. Il motivo della riduzione del sonno REM potrebbe ricondursi ad una elevazione notturna degli ormoni cortisolo-insulina, oppure all’aumento della temperatura corporea (la qualità del sonno è inversamente proporzionale alla temperatura corporea), infine alla sveglia antelucana per consumare un pasto.

Pareri diversi. Uno studio del 2013 dello stesso autore (Bahammam) non ha rilevato maggiore sonnolenza diurna nei praticanti il Ramadan rispetto ai non praticanti. Lo studio è limitato dal basso numero di partecipanti (otto Musulmani e otto non Musulmani) a dal breve monitoraggio degli stessi ridotto alle sole prime due settimane di Ramadan.

In ogni caso, l’ipercortisolemia notturna, l’alterazione negli schemi delle adipochine e la soppressione del ritmo circadiano della proteina-C-reattiva espongono i praticanti il Ramadan ad un aumento del rischio cardiovascolare (PloS One, 2014). Almeno, in teoria.

 

 

RAMADAN, RENI E DISIDRATAZIONE

Il Journal of Research in Medical Sciences (2013) lancia uno sguardo sul problema dell’idratazione durante il Ramadan. L’astinenza dall’acqua per parecchie ore al giorno dovrebbe teoricamente esporre i reni a qualche disagio. Tuttavia ci sono prove contraddittorie sull’aumento di incidenza di coliche renali durante questo periodo. Altrettanto controverse le teorie circa la possibilità che il Ramadan promuova la formazione di calcoli renali a causa della disidratazione. Per prudenza, si raccomanda almeno di bere adeguatamente dal tramonto all’alba. Una raccomandazione a cui dovrebbero attenersi soprattutto i soggetti con malattie renali croniche, sottolineano gli autori dello studio.

Già dieci anni prima (2003) L’European Journal of Clinical Nutrition, nella sua revisione di studi, aveva dichiarato che in letteratura non ci sarebbe traccia di alcun effetto avverso che colleghi Ramadan e disidratazione.

 

RAMADAN E PERFORMANCE

 

La letteratura si è dimostrata sparagnina nel produrre un numero significativo di studi ben condotti sul rapporto Ramadan-performance atletica di livello. Certo, l’atleta deve fare i conti con i nemici giurati della performance: restrizione calorica, perdita di sonno prezioso, perturbazione del ritmo circadiano, disidratazione, calo di zuccheri durante la giornata e adattamento di ripiego dei carichi diallenamento. Il Journal of Sports Sciences (2012) ammette che i risultati non sono conclusivi e presume un ruolo di primo piano nelle differenze individuali di adattamento: c’è chi compensa bene e chi soffre il regime ascetico-intermittente del Ramadan. In ogni caso, i pochi studi validi hanno concluso che sono scarsi gli aspetti della physical fitness (stato di efficienza fisica frutto della cura della nutrizione, dell’esercizio fisico, dell’igiene e del giusto riposo) ad essere colpiti. E in misura modesta, quando avviene (British Journal of Sports Medicine, 2012). Questo non esclude l’invito ad attendere ulteriori ricerche prima di fare dichiarazioni conclusive circa l’impatto del Ramadan sulla performance degli atleti d’elite.

Al netto della variabilità soggettiva, allenarsi in prossimità o dopo il tramonto può essere d’aiuto come precetto generale, dato che poi si può mangiare per promuovere gli adattamenti indotti dagli stimoli allenanti. Così suggerisce la revisione del Journal of Sport Sciences (2012)

  

RAMADAN e CALCIO

 

Alcuni studi specifici su giovani calciatori (uno promosso dalla stessa FIFA) hanno sdoganato il Ramadan rispetto a possibili cali della performance, a patto che il Ramadan fosse condotto in ambiente controllato. I limiti degli studi in questione: non aver coinvolto atleti d’elite, il numero dei partecipanti e non aver valutato la performance della partita, ma solo attraverso dei test sulle capacità condizionali (velocità, forza, resistenza), sul dribbling e sul passaggio.

 

RAMADAN e INFORTUNI NEL CALCIO

Una nota dolente per l’allenatore con un occhio speciale all’integrità fisica dei propri atleti. Uno studio condotto su 42 calciatori professionisti e che ha abbracciato due annate consecutive di Ramadan ha concluso che gli atleti che si attenevano al digiuno intermittente del Ramadan (RIF) mostravano un’incidenza di infortuni senza contatto fisico e da sovrallenamento pur non modificando i carichi di lavoro durante il Ramadan.

 
 

CONTROMISURE PER GLI SPORTIVI

Nutrients, sempre nel 2012 pubblica una revisione di studi dove conclude che gli effetti negativi del  Ramadan sulla performance possono essere ridotti, a patto che gli atleti:

1.     non riducano l’apporto energetico

2.     non riducano l’apporto di fluidi, magari bevendo 600 ml di acqua dal momento dell’interruzione del digiuno finché non si va a letto e 1 Lt di acqua a colazione

3.     assumano un po’ di proteine/amminoacidi prima di un allenamento di forza per mantenere un bilancio azotato positivo, mentre 20 gr di proteine di buona qualità nel post-allenamento servono a promuovere la sintesi proteica

4.     si allenino attorno al periodo del pasto mattutino o serale

5.     dormano per 8 ore, con dei sonnellini pomeridiani e post-colazione

6.     mangino molti carboidrati la sera (per massimizzare le scorte epatiche e muscolari)

7.     a colazione (Sahur) mangino la maggior parte dei grassi giornalieri (per ritardare lo svuotamento gastrico) e carboidrati a basso indice glicemico, per prolungare il rilascio di zuccheri nel torrente circolatorio

8.     riducano il volume dell’allenamento, anche se atleti d’elite musulmani riescono a mantenere alti i carichi di lavoro durante questo mese con effetti collaterali marginali (Br J Sports Med. 2010)

 

INFATTI durante il Ramadan gli atleti presi in considerazione hanno denunciato più fatica negli sprint ripetuti, tempi più lunghi nelle prestazioni di fondo, perdita della forza muscolare, malumore per la maggiore fatica percepita e i tempi di sonno ridotti. Queste ricerche hanno il limite di aver abbracciato solo gli anni invernali del Ramadan, mentre quelli estivi richiederebbero ulteriori indagini per questioni di alte temperature e maggiore durata delle giornate. Tutti fattori che rischiano di peggiorare ulteriormente la performance. Inoltre si incoraggiano ricerche circa l’influenza del Ramadan sulle gare di ultra endurance, sulla possibile perdita di cooperazione negli sport di squadra, sulla perdita di concentrazione negli sport dove mantenerla per lungo tempo è cruciale per il risultato, e i possibili danni dovuti ad una perdita di vigilanza durante attività come lo sci o a ginnastica dove gli aggiustamenti della postura e della velocità di movimento chiedono tempi rapidissimi.

 

SECONDO LA REVISIONE DI STUDI pubblicata nel 2010 sul British Journal of  Sports Medicine il carico allenante è in genere diminuito e adattato dagli allenatori per far fronte alla restrizione di cibo e acqua durante la giornata. Tuttavia pare che atleti musulmani d’elite e di grande esperienza siano in grado di tenere alti i carichi di allenamento durante il Ramadan senza perdere in performance e denunciando solo piccoli effetti collaterali

 

 

RAMADAN e CRONOBIOLOGIA: PRUDENZA ALLA GUIDA

La revisione di studi pubblicata nel 2004 su Annals of Nutrition & Metabolism ci dice che il Ramadan non colpisce in modo drammatico il metabolismo dei carboidrati, proteine e grassi. Però aumenta i livelli di urea e acido urico, forse in conseguenza della disidratazione. L’aumento rilevato  di HdL e apoproteina 1 in combinazione con una caduta dell’Ldl possono anzi essere un aiuto per il cuore. Tuttavia gli studi cronobiologici hanno dimostrato che il digiuno del Ramadan influisce sulla circadianità della temperatura corporea, del cortisolo, della melatonina e della glicemia, come abbiamo già visto. L’acrofase (periodo di picco della produzione ormonale) viene ridotta in ampiezza e ritardata (Physiol Behav. 2007).  Il sonno notturno, la lucidità mentale e la performance psicomotoria perdono colpi. E questo giustifica il notevole incremento di incidenti automobilistici e delle ore di assenteismo dal lavoro in corrispondenza del Ramadan

 
 

RAMADAN, LATTE MATERNO E PESO DEL BAMBINO ALLA NASCITA

Nel 2006 la rivista Pediatrics International ha pubblicato uno studio su 21 donne in allattamento aderenti al Ramadan con un’età compresa tra i 17 e i 38 anni. Il trial ha abbracciato il mese del Ramadan e le due settimane seguenti.  Il risultato ha mostrato che durante Ramadan il latte materno aveva cadute significative di micronutrienti come zinco, magnesio, potassio. Dopo il Ramadan si è notato un decremento significativo di assunzione di vit. A (sul perché non si fanno ipotesi), mentre durante il Ramadan le vitamine A, E e C sono state le uniche a non subire tagli. Tra i macronutrienti, solo le proteine hanno mantenuto introiti accettabili. Gli altri macronutrienti e vitamine hanno invece dimostrato di essere sotto i valori raccomandati alle mamme in lattazione. Anche se questo non ha prodotto un effetto significativo sulla composizione dei macronutrienti del latte materno (Pediatrics International2006; Nutrition Research, 2001; Iranian Journal of Pediatrics 2007) e di conseguenza sulla crescita del bambino, gli studiosi considerano prudente esonerare le donne in lattazione dal digiuno.

Nel 2004 il Journal of Perinatalogy pubblica una ricerca ben condotta che ha messo a confronto il peso alla nascita di bambini di 284 mamme che hanno aderito al digiuno del Ramadan durante la  gravidanza e quello di 255 mamme senza una storia di digiuno in gravidanza (gruppo-controllo). Incoraggianti i risultati che non hanno mostrato differenze significative del peso dei neonati tra i due gruppi.

Nemmeno la salute del bambino nella vita intrauterina ha sofferto durante il mese di digiuno del Ramadan. Così ha concluso la ricerca condotta con gruppo-controllo e pubblicata nel 2009 sulla rivista Archives of Gynecology and Ostetrics. Infine, il Ramadan si è dimostrato sicuro sui livelli di stress ossidativo materno nel secondo trimestre di gravidanza, sulla salute del feto e sul peso del feto alla nascita (Journal of Obstetrics and Gynaecology Research, 2011) e non porterebbe a chetonemia e chetonuria gestazionale (Journal of Obstetrics and Gynaecology Research,2008)

 

 

CONCLUSIONI

Il mese di digiuno intermittente del Ramadan non è, tutto sommato, una minaccia per la salute dei soggetti sani o con alcune patologie importanti, come i cardiopatici (ma stabili) e i diabetici di tipo 2. Anche se le alterazioni dei bioritmi non sono un toccasana per la salute e produrrebbero un calo di attenzione risultato fatale per la guida, come attestano le ricerche. Infatti durante il Ramadan si registra un aumento degli incidenti automobilistici rispetto agli altri periodi dell’anno. E l’assenteismo sul lavoro diventa prassi. Il latte materno non subisce delle modificazioni tali da pregiudicare la crescita del lattante, né rappresenta un pericolo per lo sviluppo del feto o per il suo peso alla nascita. Anche se alcuni studiosi invitano le gestanti e le lattanti ad un prudente esonero dal digiuno intermittente in queste fasi delicate. Un discorso a parte meritano gli sportivi d’elite. Gli studi ben condotti sono pochi e dai risultati a volte contraddittori. In generale, pare che il Ramadan non abbia effetti significativi sulla performance, anche se ci sono variazioni nelle risposte soggettive a questo regime alimentare. Uno studio su calciatori professionisti ha denunciato, però, un aumento significativo di infortuni non da contrasto durante il mese del digiuno. Per limitare possibili danni da disidratazione, riduzione eccessiva dell’introito calorico e quelli legati allo spostamento dell’acrofase e dei bioritmi in generale, l’atleta dovrebbe attenersi al prontuario di regole declinato dalla rivista Nutrients per cui allenamento, acqua, cibo, e sonno devono essere appropriati e ben controllati. Meglio allenarsi in prossimità o dopo il tramonto. Il pasto successivo (e lecito) serve per promuovere gli adattamenti indotti dagli stimoli allenanti (Journal of Sport Sciences, 2012).

 

 

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