ALIMENTAZIONE SPORT
DIMAGRIMENTO
  a cura di Orazio Paternò
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IL MIELE, I PESTICIDI E LE API:

 UN IMBARAZZANTE RONZIO

 Orazio Paternò

intervista

Alberto Guidorzi

 

Parallelamente a quel fastidioso pulviscolo di terrorismi alimentari sopravvive una folta anagrafe di alimenti che risponde a un appetito vorace e consolatorio di salvezza. IL MIELE, per esempio, è stato nutrito per anni dalla retorica del super alimento con virtù terapeutiche e salutistiche. E, insieme alla pappa reale, è rimasto avvinto agli stereotipi tipici degli ambienti alternativi.

Poi, alla luce del ragionamento si è sgonfiato tutto il soufflé di promesse fatte con ingredienti viziati dalla superficialità. Infine, per decomporre le ipocrisie di un certo ambientalismo dal grilletto facile e che va salmodiando la "magia di un tempo perduto", si farà il punto sulla moria di api e sui grandi accusati: i fitofarmaci. Al secolo, i pesticidi.

Ne parlo con Alberto Guidorzi, agronomo e che ha avuto la gentilezza di concedermi questa lunga intervista

 

D) Dr. Guidorzi, il miele è stato per millenni l'unico dolcificante noto per l'uomo. Poi, la cultura chemiofobica ha imposto uno sport inedito: la pesca nel bacino dell'ossessione per il naturale alimentato dai tanti rivoli delle paure per la "manipolazione" del cibo. Per facilitare la fidelizzazione al "naturale", si è caricato l'alimento di turno di una serie di proprietà nutrizionali con argomenti gravidi di dilettantismo o malafede.

Cosa ci può dire a questo proposito sul miele?

 
Il miele è la prima fonte concentrata di  zuccheri usata dall’uomo. Esso contiene una miscela di zuccheri per l’80% circa. Il fruttosio che ha il potere dolcificante maggiore è il più diffuso (38%), poi viene il glucosio (30%) poi il saccarosio, ossia glucosio e fruttosio legati chimicamente assieme (2%)  e poi tanti altri zuccheri  a 12, 6 e 5 atomi di carbonio in funzione dell’origine fiorale del miele, il 17% è acqua, l'1% sono acidi organici che danno l’aroma e che assieme al polline permettono di dire l'origine fiorale del miele, 1% sono proteine e 1% sono minerali. Le vitamine sono contenute solo in tracce.

In rete fioriscono siti che portano in palmo di mano il miele e ad ascoltarli sembrano proiettare su di esso  un elisir di lunga vita, mentre è solo un alimento come tanti altri, anche se più attraente perché dolce.

Le proteine sono ad alto valore biologico, solo che non si dice che per avere un effetto benefico e tangibile su di noi (visto lo scarso contenuto) occorre mangiare molto miele in peso. Ma come la mettiamo con i carboidrati semplici che vi sono contenuti e che siamo obbligati ad ingurgitare per dare un senso nutritivo alle proteine ad "alto valore biologico"?

Per i sali minerali è la stessa cosa, nel senso che non vado ad ingozzarmi di miele per avere il mio fabbisogni in minerali; quelli al limite li trovo in alimenti che ce li forniscono senza darci una mazzata da un punto di vista energetico: basta mangiare un po' più di verdura e di frutta e ne assumiamo molti di più del nostro fabbisogno.

 

   

D) Minerali nel miele e fabbisogni. Facciamo un esempio pratico...

Il potassio, per esempio, è il minerale più rappresentato nel miele. Cento grammi di miele ne contengono 52 mg. Siamo di fronte a un concentrato salvifico di potassio? Non proprio, visto che il fabbisogno giornaliero di potassio è di 3900 mg e quei 52 mg, già pochissimi, sono riferiti a un etto di miele. Per avere un'idea, un cucchiaio raso di miele pesa 7-8 gr...

Nella classifica dei minerali, dopo il potassio appaiono il calcio (6 mg/100 gr di miele) e il magnesio (3 mg/100 gr di miele). I fabbisogni di calcio e magnesio sono, rispettivamente, di 1000 mg e di 240 mg. Perorare, a questo punto, la causa del miele come concentrato di minerali è un'operazione che appartiene al grottesco. Il miele si mangia e si deve mangiare perché è buono punto e basta!

 

 
D) In rete un sito costruisce un monumento equestre alla qualità salutistiche del miele:

"Nel miele esiste una discreta presenza di oligoelementi (quali rame, ferro, iodio, manganese, silicio, cromo, presenti soprattutto nei mieli più scuri), vitamine (A, E, K, C, complesso B), derivati dell'acido caffeico enzimi e sostanze battericide (acido formico) ed antibiotiche (germicidina): queste ultime categorie di sostanze permettono in particolare al miele di essere conservato a lungo, e ne giustificano l'utilizzo come disinfettante naturale."

L’ultima asserzione è tirata per i capelli in quanto il miele si conserva e conserva perché la concentrazione degli zuccheri contenuti abbassano l’attività dell’acqua (umidità relativa all’equilibrio -HRE) e questo abbassamento è ulteriormente aumentato perché il miele ha pH acido. In termini più volgari si può dire che i microrganismi non trovano acqua sufficiente per vivere e riprodursi. È ciò che noi otteniamo quando facciamo delle confetture o delle marmellate: i frutti tal quali marcirebbero presto, se invece li inseriamo in una soluzione concentrata di zucchero si conservano. È vero che il miele relativamente disinfetta e si può spargere sulle ferite, ma non è perché contiene antibiotici, bensì perché abbassa l’attività dell’acqua e impedisce ai batteri di inserirsi sulla ferita. Tuttavia questa azione si otterrebbe anche con la marmellata ad alta concentrazione di zuccheri. L’alcol invece disinfetta perché fa morire le cellule superficiali della ferita e crea uno strato protettivo su cui non possono proliferare i germi e quindi si salvaguardano le cellule vive che stanno sotto; ecco perché l’alcol brucia. L’azione battericida e antibiotica  dell’acido formico e della  germicidina sono pressoché insignificanti. Se ci fosse una vera azione contro i germi non avremmo esitato a estrarli o a sintetizzarli. L’acido formico è tipico degli imenotteri ed è da essi prodotto per autodifesa contro predatori e quindi è logico che si ritrovi nel miele in piccolissime quantità, ma come contaminante e non certo come componente. 

Ebbene, su quanto scritto sopra vi pongo la seguente domanda: che ne direste di un liquido di questo genere? “È un liquido incolore, di odore pungente, penetrante, assai caustico, usato nell'industria tessile per la colorazione dei tessuti, nell'industria della gomma ed in conceria”.
Se ve ne dessi una piccolissima quantità da bere, la berreste? Sono sicuro che mi direste: "Ma tu sei matto!". Ebbene, sapete cosa vi ho descritto? L'acido formico, che appena sopra vi dicono contenuto nel miele e che comunque rientra nella categoria dei pesticidi. Quindi anche nel miele vi sono residui di pesticidi e questi, che sono naturali, appartengono alle 999 molecole su 1000 di pesticidi che si ingeriscono ogni giorno. La sola che manca ad arrivare a 1000 è una molecola di pesticida di sintesi, quella usata in agricoltura e presente alla stesso livello di quantità delle altre 999 naturali.

Il miele contiene anche altri tre agenti antibatterici, il perossido di idrogeno, il metilgliossale e la proteina defensin-1 che però si infrangono sui soliti problemi di quantità (bisogna assumere chili di miele per raggiungere quantità decorose di antibatterico) e sulla impossibilità, da parte di un principio attivo,  di rimanere nel sito di infezione a concentrazioni e tempi sufficienti, come nel caso del classico latte e miele per il mal di gola. È vero che il miele può essere applicato su ferite o zone di inserzione dei cateteri, ma gli studi sono spesso contraddittori se non a esito negativo (Crit Care. 2012 Oct)

 

In letteratura segnalo l'Am J Teher, datato 2014, che sulle proprietà antimicrobiche del miele conclude dicendo: “A dispetto della mole di dati che conferma le proprietà antimicrobiche del miele, non ci sono studi che supportino l'uso sistematico del miele come agente antibatterico”. Del 2015 la revisione della Cochrane Database Syst Rev. (Honey as a topical treatment for wounds) dove si afferma che gli studi a favore del potere del miele sulla guarigione delle ferite sono di qualità bassa e molto bassa.

 

In conclusione nessuno vuole sminuire le caratteristiche di salubrità del miele, solo che non guariscono da nessuna malattia e non ha particolari valori nutrizionali. Quindi piazziamolo tra gli alimenti al suo giusto posto e stando attenti a non abusarne solo perché ci illustrano i pregi senza farne una valutazione relativa e scientificamente obiettiva.

 

  
Circa le vitamine presenti che sono citate sopra sappiate che con la cottura tutte quelle del gruppo B, la vitamina E e la vitamina C le perdiamo, sono termolabili. Ci restano la A e la K, ma la vitamina A ve la ritrovate in quantità molto maggiori nei frutti gialli e nei derivati animali quali latte e latticini e nelle uova, mentre la K è ancora più diffusa e la troviamo nei cereali, nella carne, nei latticini e in tutti i tipi di cavoli e verze.

Questa si chiama vera educazione alimentare e sicuramente non è quella che fanno in televisione, ma che ha tanto, tanto impatto.

Ho solo contestato le esagerazioni sul miele, che ribadisco è un ottimo prodotto da crudo, ma non è sicuramente una fonte dieteticamente accettabile di vitamine, sali minerali e acidi organici. Tra l'altro, parlare di "acidi organici biologici" non significa un bel niente. Gli acidi organici hanno tutti un'origine biologica, in quanto se sono "organici" vuol dire che sono stati organizzati in natura dagli esseri viventi.

 

D) Parliamo di miele estero: proni al pregiudizio, si ripete ossessivamente il mantra del miele scempiato dalla famigerata microfiltrazione, pratica tra l'altro vietata in Italia…

 

Dalle statistiche si evince che la produzione mondiale di miele è in lento e costante aumento, quindi la moria delle api non è una catastrofe e va solo ben interpretata. La Cina produce quasi il 33%  della produzione mondiale e l’UE il 13%, ma questo tredici rappresenta solo il 60% dei  consumi europei. L’Italia è ancora più deficitaria. Pertanto Italiani ed Europei sono obbligati ad importare grandi quantità di miele e quindi quando si parla di miele estero come se fosse possibile farne a meno è pura e semplice disinformazione.  In queste condizioni non possiamo poi lamentarci e accusare il miele estero di non essere genuino. Tra l’altro la microfiltrazione, vietata in Italia, non è una sofisticazione in quanto il miele viene solo privato dei componenti particellari (polline in particolare) che ne permetterebbe di stabilirne l’origine e dato che tutto il miele importato in Italia, e non solo, è tutto microfiltrato, significa che più del 50% del miele che mangiano gli Italiani è microfiltrato perché estero. Ma ad aggravare la cosa vi è la questione prezzo nel senso che il divario tra i prezzi di vendita del miele nel nostro paese e quelli del miele d’importazione hanno un divario molto allettante (il miele cinese si compra a 1,4 €/kg circa e lo si può vendere come minimo a 4 €/kg ) e ciò invoglia molti apicoltori produttori, specialmente quelli professionali, a sviluppare anche la figura di condizionatori di miele, cioè la vendita di miele non autoprodotto e di cui non sempre se ne dichiara la provenienza. In questo contesto ci stanno anche le altre sofisticazioni commerciali come quello di allungare il miele con sciroppi di isoglucosio, falsificare le etichette o, come detto, camuffarne l’origine. Secondo il Sindacato dei produttori di miele francesi vi sono tre cause che rendono il mercato del miele mal funzionante: “la prima è la frode, la seconda pure e la terza anche!!!”

 

D) Ora proviamo a fare chiarezza, dove si può, su quel terreno accidentato che è la moria delle api.  C'è un unico colpevole? C'entra l' agricoltura intensiva o l' apicoltura intensiva?

Tutto rientra nelle contraddizioni che viviamo: lanciare un allarme e additare subito il colpevole fa audience e soddisfa la fame di capri espiatori per la gente.

A inizio degli anni 2000 abbiamo assistito a un fenomeno in cui le popolazioni di api, non ovunque, ma in certe zone, sono diminuite di numero (è normale che le api dopo l'inverno non siano lo stesso numero di prima dell'inverno, perché esiste una normale moria ed in Europa essa si attesta intorno al 15% ) con percentuali più elevate della norma. Contemporaneamente si è anche assistito ad un fenomeno particolare dove gli alveari letteralmente si spopolavano (anche non come fenomeno generalizzato, ma con focolai seppure importanti) e che è andato sotto il nome di di CCD-Colony Collapse Disorder.

 

Gli studiosi seri si sono occupati della cosa e non hanno trovato una causa precisa, ma hanno additato (non trovato in modo sicuro) una sommatoria di cause (si deve sapere che le api per il fatto di vivere in ambienti ristretti e addossati hanno vari parassiti dovuti all'ambiente di vita, ma anche molti altri parassiti come ogni essere vivente ivi compreso un ambiente che con la coltivazione ha ridotto le fonti di cibo e le ha obbligate ad adattarsi ad altri). Tra i parassiti delle api si annoverano tre acari (tra cui appunto la temutissima Varroa), un coleottero, ben 12 virus, un lepidottero, 9 batteri, un protozoo ed un dittero, un imenottero, e 4 funghi (tra cui la temutissima Nosema). E' anche evidente che i parassiti animali all'interno degli alveari devono essere combattuti ed in particolare gli acari e quindi vi è un largo uso di pesticidi acaricidi che gli apicoltori usano normalmente, ma che anche questi non sono elisir di lunga vita..

È evidente che di fronte all'ape e all'aureola di grandissima utilità per l'uomo, l'opinione pubblica era estremamente sensibile e quindi il soggetto era adatto allo sfruttamento mediatico. Non solo: perché non incolpare gli OGM? Solo che in questo caso a chi tirava i fili è andata male perché nessuna causa ed effetto è stata trovata. Ecco allora che gli insetticidi in agricoltura potevano essere additati con profitto come la vera causa (sottolineo unica e vera causa).

Tra l'altro certe famiglie di insetticidi sono state spazzate via da una categoria nuova di molecole di sintesi che si rifacevano alle vecchie molecole degli estratti di tabacco. Cioè si erano studiati degli insetticidi naturali per sintetizzare molecole simili, infatti essi vanno sotto il nome di neonicotinoidi.  Essi hanno delle peculiarità importantissime da un punto di vista dell'agricoltore:

1)    La bassa tossicità (sono di III categoria con un DL che va da 500 a 5000 mg/kg, pari al sale da cucina o al solfato di rame per intenderci), inoltri sono sistemici e si usano a dosi bassissime.

2)    La rivoluzione che essi hanno apportato è che disinfettando le sementi delle piante coltivate si proteggono le giovani plantule che fuoriescono dal seme nelle prime fasi di vita dagli attacchi di insetti che se ne nutrono.

 

Ecco questi insetticidi sono diventati la causa unica e della moria delle api. Certo, un pesticida non è mai un "ricostituente" per le api, ma un uso corretto risolve molti inconvenienti paventati.

In Europa, dato che noi crediamo di essere i più furbi, i neonicotinoidi li abbiamo sospesi per certi usi, lasciando gli agricoltori in balia di altri prodotti meno efficaci ma che comunque non sono un elisir di lunga vita per le api. Credo anche, seppure senza evidenze, che in Europa la sospensione verrà procrastinata in quanto la pressione degli ambientalisti spaventa i governi.

 

 

  

Dunque la moria di api si gioca su uno scenario molto più complesso, rispetto a certa semplificazione

·       Innanzitutto vi è stato un aumento di denunce di moria seppure i neonicotinoidi fossero proibiti: 98 (2013),115 (2014) e 195 (2015). Tuttavia, analizzando i dati recentemente pubblicati dal Ministero francese relativamente al 2015 si rileva che…

·       …il 39% dei casi hanno un’origine patologica certa dovuta a varroa che indebolisce anche il sistema immunitario e apporta virus. Ho fornito una percentuale per la varroa perchè l'acaro ha oramai una presenza diffusissima. I batteri della loque invece attaccano le larve e non sono sempre presenti, ma quando sono presenti e non combattuti per tempo è un disastro. La nosema invece è data da funghi e anche questi se invadono l'alveare è un disastro. Solo che è difficile dare percentuali perché dipende da come l'apicoltore conduce la lotta preventiva

·       …il 14% dei casi è ascrivibile a cattive pratiche di allevamento, alle quali, se aggiungiamo i riscontrati casi di carenze alimentari durante l’inverno, salgono al 21%;

·       …successivamente vi sono stati un 12% di casi di sciami d’api fuggite

·       …nel 15% dei casi non è stato possibile individuare la causa

·       …resta dunque un ultimo 13% ascrivibile a fitofarmaci insetticidi, che però non hanno mai interessato i neonicotinoidi

·       Tuttavia la cosa più ECLATANTE è che i prodotti insetticidi a cui ascrivere la moria sono principalmente due prodotti usati dall’apicoltore per combattere la varroa (Cumaphos e taufluvalinate). Poi vi sono dei pesticidi usati in agricoltura biologica (spinosad, pièeronil-butossido e piretrine; eppure è invalsa la credenza che in agricoltura biologica non si usino pesticidi). L’unico fitofarmaco di sintesi trovato come causa è una piretroidina (alletrina).

·       Risulta anche che tutta la filiera apicola francese ed europea è caratterizzata da numerosissime frodi nella vendita del miele e la cosa è stata spiegata sopra

IMPORTANTE:  i neonicotinoidi sparsi sulle sementi, quando le piante sono in fiore, cioè quando le api bottinano, si sono diluiti sulla massa vegetale dell’intera pianta che è centinaia di volte superiore alla massa del seme iniziale (basta confrontare un seme di girasole con la pianta quando è in fiore). L’effetto tossico è praticamente sparito. Al limite si doveva sospendere l’uso dei neonicotinoidi sulle parti verdi delle piante già formate e non nella disinfezione delle sementi.

 

 

 

D) Torniamo al nodo della questione pesticidi. Cosa dicono gli studi?

Esiste uno studio molto interessante pubblicato su Agroprofessional nel quale si dice che le colonie delle api hanno smesso di calare e le morie sono rientrate nella norma, ma questo è vero sia dove si usano i neonicotinoidi, sia dove non sono ancora ammessi.

Dalle statistiche sulla moria di api si rileva un'inversione di tendenza negli ultimi anni:

 

 

Beehive = alveare

Immagini tratte da: http://www.agprofessional.com/news/bee-population-rising-around-world

 

Dato che sono by Syngenta (multinazionale di fitofarmaci) molti storcono il naso, ma l’azienda riporta dati indipendenti e dei quali cita la fonte

 

IMPORTANTE: nelle agricolture specializzate le api trovano sempre più difficile svolgere il loro lavoro e quindi occorre passare ad una apicoltura "coltivata", che tenga conto della biologia dell'alveare: vale a dire che occorre impiantare intorno agli alveari delle colture esclusivamente mellifere

Nota: con la proibizione temporanea dei neonicotinoidi nella concia delle sementi non si sono visti risultati eclatanti circa un aumento del numero di api e nella produzione di miele, si è visto invece un significativo impatto sulla produttività delle piante agrarie mellifere non più difendibili a livello di seme. La pianta più colpita dall’interdizione di disinfettare i semi è la colza che in questi anni ha perso un 10/15% di produzione. Tanto è vero che alcuni paesi pensano di delocalizzare le coltivazioni di colza in paesi dove la proibizioni non esiste.

 

 

D) Negli USA cala la produzione di miele: moria di api...?

Il calo della produzione di miele negli USA a partire dagli ultimi due decenni non corrisponde ad un calo di alveari e del numero delle api. Anzi, quest'ultimo è aumentato.
Solo che non producono più tanto miele come prima in quanto, pur essendo aumentate di numero, non sono più egualmente produttive ed il motivo sta nella transumanza delle arnie e degli alveari  per seguire le zone dove servono per l'impollinazione. Solo che queste api arrivano stressate e le piante da frutto sono meno mellifere (esempio la frutta a guscio). Ecco uno dei motivi dei cali di produzione.

Torno a ripetere per l'ennesima volta: i neonicotinoidi non sono la causa principale che fa morire le api; è pretestuoso. Anzi, ho il dubbio che anche le case produttrici di insetticidi siano parte integrante di questa manovra. Certo un pesticida non è mai un elisir di lunga vita, ma da qui a farne la causa principale e privare gli agricoltori di uno strumento molto valido di lotta ai parassiti, come è avvenuto con la loro interdizione che vedrai sarà "continuativamente temporanea", ce ne passa.

 

RIASSUMENDO, LE VERE CAUSE DELLA MORIA POSSONO ESSERE TANTE

 

 

1.     riduzione di cibo per la specializzazione delle colture agricole

2.     l’alimentazione con HFCS (sciroppi di glucosio ad alto contenuto di fruttosio), pratica diffusasi molto, rende gli insetti molto più sensibili e meno preparati a sopportare le malattie e soprattutto a sopportare le intossicazioni. L’alimentazione delle api normalmente avviene con miele, ma per motivi speculativi (vendere tutto il miele) si è trovato nel HFCS un prodotto sostitutivo non caro e senza effetti collaterali derivato dall’idrolisi dell’amido di mais e successiva inversione enzimatica del glucosio. Infatti molte fonti zuccherine usate hanno avuto effetti intossicativi sugli insetti. En passant vi posto l’esperienza di vari ricercatori che affermano questo: “Gli zuccheri raffinati di canna e barbabietola sono saccarosio puro e, naturalmente, sicuri per le api e dal punto di vista nutrizionale si equivalgono. Gli zuccheri non raffinati, come lo zucchero integrale, invece, hanno intossicato le api. Mentre eminenti medici che hanno sposato la saccarofobia sostengono, e molti ci credono, che lo zucchero raffinato sia un veleno per l’uomo e che sia molto più salutare lo zucchero non raffinato e scuro (che da che mondo e mondo si è sempre definito “sporco”; e infatti le api ce lo confermano)

3.     “isolamento da fame” per stagioni particolarmente piovose o inverni molto freddi (o entrambi)

4.     il confinamento in alveare ha mostrato due forti criticità: a) le api regine non sono uscite per accoppiarsi b) il confinamento è la maggior causa delle infezioni intestinali da nosema e di infezione da virus della varroa. Il confinameno può avvenire in tutte le apicolture quando si impedisce alle api di uscire, ma può essere solo temporaneo nella buona stagione e praticato solo se vi è un pericolo passeggero. Diventa un problema se applicato senza criterio

 5.     Ibridazioni. Il fenomeno del collasso degli alveari non è una cosa nuova dato che l’inclemenza del tempo vi è sempre stata. Oggigiorno il fenomeno forse è stato aggravato dal fatto che, sempre per motivi speculativi, si è cercato di sostituire o ibridare l’ape nostrana, la ligustica, con api regine importate perché si assicurava più produzione di miele. Ma così facendo si sono importate malattie, che si sono dovute combattere con acaricidi immessi nell’alveare che non sono sicuramente dei ricostituenti. Tutto ciò ha di molto complicato rispetto a prima la tenuta e la cura che si deve dare agli alveari e quindi chi ha perso le conoscenze delle condizioni mutate e non ha affinato i controlli è soggetto a vedersi in primavera alveari con popolazioni dimezzate.

6.     Maggiore infezioni da parassiti per ambienti più ristretti. Le api per il fatto di vivere in ambienti ristretti e addossati hanno vari parassiti dovuti all'ambiente di vita, ma anche molti altri parassiti come ogni essere vivente ivi compreso un ambiente che con la coltivazione ha ridotto le fonti di cibo e le ha obbligate ad adattarsi ad altri

7.     I nemici delle api e gli antiparassitari. Tra i parassiti delle api si annoverano tre acari (tra cui appunto la temutissima varroa), un coleottero, ben 12 virus, un lepidottero, 9 batteri, un protozoo ed un dittero, un imenottero, e 4 funghi (tra cui la temutissima nosema). È anche evidente che i parassiti animali all'interno degli alveari devono essere combattuti ed in particolare gli acari e quindi vi è un largo uso di pesticidi acaricidi che gli apicoltori usano normalmente, ma che anche questi non sono elisir di lunga vita.

8.    Consanguineità e deperimento genetico nelle api. Anch’essi sono causa di debolezza delle colonie di api. Le api che si allevano non sono tutte della stessa specie, ma esistono varie sottospecie: ad esempio in Francia predomina l’ape nera (apis mellifera mellifera), mentre in Italia predomina l’apis mellifera ligustica. Ora, il miglioramento genetico dell’ape praticamente non esiste e solo l’Inghilterra ha fatto qualcosa ibridando l’ape francese con l’italiana. In Italia poi siamo a zero e ciò che avviene in un alveare non porta per niente ad un mescolamento di geni di varia origine (la regina al massimo è fecondata da una decina di maschi). Si assiste quindi all’importazione delle regine anche da luoghi lontanissimi, ma ciò comporta il pericolo di introdurre malattie e parassiti che prosperano in mancanza di altri individui che li contrastano, distruggendo le colonie perché non esistono resistenze genetiche acquisite. Le due prime malattie ci sono pervenute in questo modo. Comunque laddove si è fatto un po’ di miglioramento genetico si è puntato molto sull’aumento della produttività con perdita di rusticità e sulla minore aggressività mediante inseminazione artificiale. In altre parole è aumentata la consanguineità.

9.     Risorse floricole e nutrizione delle api. Le colonie di api si nutrono di nettare e mielati (fonte di energia) e di polline (fonte di proteine per mantenere e costruire una colonia). Pertanto la colonia è dipendente dalla flora locale agricola (ormai caratterizzata da meno essenze mellifere) e non agricola (dove è invalsa la pratica del diserbo degli incolti: bordi stradali e scarpate ferroviarie). La modifica creatasi in fatto di coltivazioni da bottinare ha determinato delle carenze alimentari sia in fatto di alimenti energetici, ma anche in quelli proteici, per cui vengono a mancare amminoacidi essenziali per una alimentazione regolare delle regine in deposizione. Le conseguenze sono due: indebolimento degli individui e diminuzione delle nascite

10.  Non bisogna dimenticare, inoltre, che il riscaldamento climatico comporta periodi di siccità più prolungati e intensi e ciò non va a vantaggio delle api

 11.  Polline OGM e api.

1) Nel nettare delle piante transgeniche non è mai stato dimostrato esserci proteine transgeniche, 2) L’alimentazione con tossina Bt (Cry IIA) pura (che non è la condizione di campo) non ha comportato morie particolari sia nelle larve che negli adulti di apis mellifera. Gli stessi risultati si sono avuti con le tossine Bt: Cry IIIB, e Cry IBa. In poche parole, anche se l’ape entra in contatto con una pianta OGM (con la tossina Bt) e ingerisce la tossina quando mangia il polline, non può succedere nulla, dato che la tossina Bt presente in Europa è solo quella che fa morire le larve dei lepidotteri. Dunque innocua per l’ape in quanto non è un lepidottero

 

D) Dai neonicotinoidi al GLIFOSATO, altro pesticida grande accusato di crimini contro l'umanità secondo uno standard dal grilletto facile che spara a caso su un "nemico" a cui appaltare tutte le nostre paure...

Un altro nemico pubblico numero uno è diventato il diserbante GLIPHOSATE. Ho più volte scritto sul tentativo di abolirne l'uso in agricoltura e ho portato prove che privare gli agricoltori e la società tutta di una molecola tanto ecocompatibile è un danno alla società e alla buona agricoltura.

 

 

Il Glyphosate ha un DL50 (dose letale per uccidere la metà degli animali oggetto di sperimentazione) di 5600 mg/kg di peso corporeo. Dunque è molto meno tossico di certe sostanze di uso comune come il bicarbonato di sodio (il lievito chimico), il caffè ed il cioccolato. Ben 12 pesticidi usati a profusione in agricoltura biologica sono molto più tossici del glyphosate. Non solo, ma gli effetti del glyphosate sono stati molto più studiati rispetto a tutte le sostanze che l’agricoltura biologica ammette per diserbare (come ad esempio il sapone, l’aceto che sono più tossici del glyphosate). Inoltre questi diserbanti biologici hanno un impatto ben maggiore sulla fauna ed il suolo. Essere naturali non significa non essere nocivi per le persone, gli impollinanti ed il suolo (anche il virus Ebola è naturale)

 GLIPHOSATE, la sua presenza nel miele è pericolosa? O bisogna valutare la dose?

Non ci si preoccupa delle adulterazioni e falsificazioni nel commercio  del miele (etichette falsificate circa la provenienza,  l’origine e sul taglio dello stesso con sciroppi zuccherini di poco costo  ricavati da mais e da riso) ma ci si preoccupa molto delle tracce del diserbante gliphosate trovate nel miele. La notizia diffusa è che la FDA statunitense avrebbe trovato tra 22,41  e 170 parti per miliardo di residui di gliphosate. Al profano la notizia può anche spaventare perché non gli si spiega che il dato se tradotto  in quantità e calato nella realtà porta a questo:

1)    se traduciamo le “parti” in peso abbiamo che si tratta di 0,022 e 0,170 mg/kg di miele;

2)     se poi caliamo il tutto nella realtà significa che per ingerire la DGA (Dose Giornaliera Ammissibile, cioè la dose oltre la quale non è consigliato andare, ma che per precauzione è stata ulteriormente divisa per 100) si dovrebbero assumere 6.6 kg di miele per kg di peso corporeo al giorno. Detto in altre parole una persona di 60 kg ne dovrebbe mangiare 400 kg al giorno. Successivamente hanno optato per dire che il gliphosate uccide la flora batterica dell’intestino, ma calcoli hanno messo in evidenza che bisognerebbe mangiare 3 tonnellate di miele tutto in una volta.

CONCLUSIONE

 

Il cliché del miele come super-alimento con licenza di guarigione è una vecchia radio sintonizzata sulle frequenze della salvezza a basso costo. È sufficiente fare alcuni semplici conti per sgualcire il velo della superstizione e ridare il giusto orizzonte al miele: un ottimo dolcificante dalle mille sfumature aromatiche. La presenza di minerali e vitamine è da archiviare nel cassetto dell'inconsistenza.

Il ruolo antibatterico del miele è stato assegnato senza considerare principi come "concentrazione, quantità utile, permanenza nel sito dell'infezione". Solo sogni promessi e puntualmente offesi. 

La moria di api, poi, ha offerto un facile assist agli addetti ai lavori e livori dell'ambientalismo superficiale. Quelli sempre pronti a esporre alle frustrazioni del loro pubblico un facile capro espiatorio. In questo senso, il potenziale evocativo della parola "pesticida" è servito, da solo, a conferire la "patente di credibilità a prescindere" a una causa afflitta da errori gravi e grevi.

Tuttavia, la desolante sassaiola di accuse piovuta su glifosato e neonicotinoidi ha rivelato la debolezza di ciurme affamate di facili soluzioni ed estranee alla dimensione scientifica.